Fondo Laura Meli

Inventario a cura di Cristina Gasca (2010)

Versione integrale dell’inventario

Nota biografica

Laura Meli nasce nel 1947 a Modena, perché il padre, impiegato alla FIAT, nel 1942 viene trasferito da Torino in quella città per motivi politici, cioè perché non accetta di tesserarsi al Partito Fascista, e vi resta per circa dieci anni. A Modena nascono entrambi i figli: il primogenito nel 1943 e poi Laura. Nel 1953 la famiglia torna a Torino.

Il padre di Laura, iscritto al Partito Comunista, nel 1957 è vittima dei provvedimenti punitivi attuati dalla FIAT nei confronti di militanti comunisti e socialisti: viene licenziato in tronco per “motivi disciplinari” e, non essendo più molto giovane, fatica a trovare un nuovo impiego. Sono momenti difficili per la famiglia che, di colpo, da medio borghese si ritrova povera ed è costretta a cambiare casa e stile di vita.

I genitori di Laura non si perdono d’animo, si adattano a fare i lavori più disparati per sopravvivere e, malgrado la disgrazia che ha colpito la famiglia, Laura e suo fratello non rinunciano agli studi; il padre, infatti, non può accettare che i figli debbano abbandonare gli studi a causa di una sua scelta. Frequentano entrambi il liceo classico: Laura va all’Alfieri, che è all’epoca il liceo più “popolare” e raccoglie anche i figli degli operai della FIAT. Vi si trova molto bene, percependo un sostanziale egualitarismo sociale che le dimostra che si viene premiati e apprezzati in base a quanto si studia e a quanto si sa e non a quanto si possiede. Entrambi si iscrivono poi all’Università: il fratello sceglie di studiare filosofia e Laura invece si orienta verso Lettere, pur non avendo ancora un’idea precisa di quello che vuole fare dopo.

Nel ’68 Laura ha ventuno anni e partecipa con entusiasmo al fermento ed alle battaglie ideali che animano quel periodo.
Nel 1971 ottiene, benché stia ancora frequentando l’Università, un incarico annuale presso una scuola media di Venaria. L’unificazione delle Scuole Medie è all’epoca molto recente e la situazione generale è disastrosa, soprattutto in quella zona della cintura di Torino. Questa prima supplenza è una buona palestra per Laura: il livello della classe è terrificante, ma dal punto di vista umano la giovane insegnante riesce ad ottenere moltissimo. Si tratta, infatti, di un’esperienza fondamentale per la ragazza che si rende conto di avere la possibilità di mettere in pratica gli ideali per cui ha lottato nel ’68 e, soprattutto, capisce che quello che davvero vuole fare è insegnare e farlo lì dove è più difficile.

Nel giro di qualche mese si laurea, ma non riesce ad ottenere immediatamente un nuovo incarico nella Scuola e, avendo bisogno di guadagnare, nel 1972 accetta un impiego al Centro Gobetti dove viene incaricata di riordinare i fondi dell’Istituto della Resistenza. Il lavoro, cui si dedica per 18 mesi, è molto interessante, tuttavia ciò che davvero desidera è insegnare per cui si ripromette di tornare a scuola non appena se ne presenti la possibilità. Nel frattempo, al Centro Gobetti, ha l’opportunità di conoscere un esule spagnolo iscritto al Partito Comunista e, per suo tramite, si avvicina al Partito decidendo di iscriversi a sua volta.

La prima occasione per tornare a scuola si presenta nel 1975, però con un incarico non ordinario: si tratta delle cosiddette Libere Attività Complementari (LAC), sorte con l’introduzione del tempo pieno, che rende necessario avere del personale aggiuntivo per guardare i ragazzini durante l’orario di mensa. Le persone in lista d’attesa per un posto da insegnante vengono dunque incaricate della mensa e, per due anni, Laura lavora dalle 12 alle 14 alla scuola Camillo Olivetti di Torino: il suo compito è mangiare con i ragazzini. Si tratta di un’esperienza utilissima che le permette di vedere i ragazzi al di fuori della classe ed entrarci in relazione al di là dei loro risultati scolastici, per scoprire che molto spesso i più comunicativi ed espansivi non sono affatto i più bravi nello studio. L’anno successivo le vengono assegnate 9 ore a Rivalta, sempre come LAC, ma questa volta ha il compito di collaborare in classe con gli insegnanti per lo svolgimento di vari progetti. E’ anche questa un’esperienza formativa molto utile, perché si trova a collaborare con colleghi eccellenti.

Nel 1978 si libera una cattedra alla Camillo Olivetti e Laura vi torna e vi resta per 7 anni, questa volta in qualità di insegnante di Lettere. La “sistemazione” scolastica definitiva arriva però nel 1984 con un concorso mediante il quale ottiene una cattedra a Cascine Vica, dove insegna tuttora.

Parallelo all’attività lavorativa, nel corso degli anni ’70 e ’80, è l’impegno nel Partito Comunista, cui Laura è iscritta fin dal 1972.
Sono anni di grande attivismo per il Partito, una sorta di momento magico in cui sembra che il PCI sia in grado di vincere tutte le battaglie, e altissimo è il numero degli iscritti. Pur trattandosi, almeno a Torino, prevalentemente di un partito operaio ne fanno parte anche molti docenti universitari ed uomini e donne di cultura che si rendono disponibili ad insegnare ed al tempo stesso ad imparare dalla classe operaia, in un mutuo e proficuo scambio di conoscenze e idee. L’ambiente è molto stimolante per Laura che segue con interesse le discussioni e l’impegno del Partito su tematiche che le stanno particolarmente a cuore quali la riforma del diritto di famiglia, la legge sulla violenza sessuale, il divorzio e l’aborto.

Laura è anche iscritta all’Unione Donne Italiane (UDI), che però a Torino non ha alle spalle una lunga tradizione come nell’Emilia e si configura come una specie di appendice del Partito; è quasi automatico, infatti, per una donna che entra nel PCI entrare anche nell’UDI senza neppure sapere bene di che si tratta. Tra l’altro l’UDI provinciale, retta per molto tempo dalle mogli dei grandi dirigenti del Partito, aveva acquisito una direzione molto fiancheggiatrice e perduto da tempo la propria autonomia. In questo periodo  però ci sono al suo interno molte donne che, messe di fronte alla nascita di movimenti femminili esterni e interessate a cercare con essi una qualche forma di collaborazione, capiscono che è necessario staccarsi dal PCI e cercare di avere maggiore autonomia politica e propositiva.

Realizzare un simile intento, però, non è semplice perché l’UDI viene guardata con gran diffidenza dai movimenti femministi; le donne che ne fanno parte, infatti, vengono immediatamente identificate come Comuniste e il loro essere donne passa in secondo piano. Un altro problema, che va considerato in parte responsabile della difficoltà che incontra l’UDI nell’aprirsi ai Movimenti è che di questa, nata molto tempo prima come organizzazione di donne impegnata nel sociale, fanno parte anche donne di una certa età che non si riconoscono nella tematica sessuale e autoreferenziale portata in grande evidenza dalle femministe. Tale tematica tuttavia interessa le donne più giovani, come Laura, e i tentativi di partecipare alle manifestazioni insieme ai movimenti femministi vengono portati avanti. E così nel 1977 l’UDI aderisce, grazie al tramite di Piera Egidi che proviene dai movimenti femministi ma è anche iscritta al PCI, alla manifestazione “Riprendiamoci la notte!”, che prevede una marcia notturna di sole donne per le vie della Città alla quale ovviamente bisogna partecipare senza sigla politica. Non è facile per le donne dell’UDI riuscire ad organizzare la propria partecipazione lasciandone fuori il PCI. La riuscita dell’operazione è frutto principalmente della coraggiosa iniziativa di Magda Megri, dirigente della commissione femminile del PCI, che affronta l’opposizione interna dei maschi con grande determinazione e, con grande soddisfazione di Laura e delle altre, ottiene in quell’occasione piena autonomia organizzativa.

La partecipazione delle donne comuniste però si esplica in maniera significativa soprattutto nel Movimento dei Consultori e nei movimenti legati alla salute che prendono il via dai Corsi delle 150 ore.

Nel 1978 Laura partecipa all’occupazione dell’ospedale Ginecologico S. Anna di Torino, per lottare contro la situazione insostenibile creatasi nell’ospedale a seguito dell’approvazione della legge 194 sulla interruzione volontaria di gravidanza e per iniziare ad imporre una pratica dell’aborto in condizioni più favorevoli per le donne.

Nel corso degli anni ’80 prende parte alle attività dell’Associazione Culturale Livia Laverani Donini che, nata nel 1983 con la finalità di promuovere iniziative di interesse culturale sociale relative alla condizione femminile, organizza seminari, incontri e riflessioni su vari temi.

Laura partecipa inoltre, benché molto sporadicamente e senza ricoprirvi alcun ruolo ufficiale, ad alcune iniziative dell’Intercategoriale donne CGIL-CISL-UIL di Torino, in virtù del fatto di conoscere diverse donne comuniste che vi aderiscono.

Dopo la nascita della figlia, avvenuta nell’1989, a causa di numerose vicissitudini familiari, Laura abbandona l’attivismo politico ed si dedica principalmente alla vita privata.

 

Nota archivistica

Le carte che costituiscono il fondo sono state donate all’Archivio delle Donne in Piemonte dalla stessa Laura Meli nel febbraio 2010.

Si tratta principalmente di documenti raccolti durante la militanza all’interno del Partito Comunista Italiano, nel corso degli anni ’70 e ’80. Il materiale documentario comprende carte relative a convegni, conferenze e seminari, documenti di studio e lavoro, testi di leggi, articoli di giornale, volantini, fotocopie di saggi, tutti riguardanti principalmente tematiche femminili. Vi è poi una significativa presenza di materiale bibliografico.

Si è scelto di ordinare i documenti, che non avevano un ordinamento preciso ed erano conservati sostanzialmente alla rinfusa, in 5 serie di carattere tipologico, per un totale di 57 unità archivistiche, disponendo le carte all’interno di ciascuna serie secondo un criterio cronologico.

Tranne rare eccezioni, la maggior parte delle carte che non ha a che fare direttamente con il Partito Comunista è stata inserita all’interno della serie denominata “Miscellanea sulle donne”, che raccoglie documenti vari riguardanti le donne prodotti dai Sindacati, dall’Associazione Livia Laverani Donini e da Gruppi o Associazioni femminili.

La serie denominata “Materiale bibliografico” è l’unica ad essere ripartita a sua volta in due 2 sottoserie, “Monografie” e “Periodici”, per motivi di maggior chiarezza nonché per via del maggior numero di unità archivistiche che la compongono.

Il lavoro di schedatura e riordino è stato effettuato per mezzo dell’applicativo Guarini Archivi, assegnando un numero di corda unico alle unità archivistiche che costituiscono il fondo. Si è provveduto inoltre ad indicizzare i nomi di persona e di Enti citati nel contenuto delle unità. Tali elementi compaiono nell’indice dei nomi collocato al fondo dell’inventario.