Le carte dell’UDI Torino: una singolarità – Marilla Baccassino

Vi ringrazio per avermi  invitata  ad informare sulle carte dell’UDI…… ma UDI, quale?
Per rispondere a questa domanda, posta da Margherita,  abbiamo  provato a fissare  delle date: 1944/2004 – 1982/2002 – 2004/2007.
L’Unione Donne Italiane, nata il 12 settembre 1944, (storica associazione delle donne organizzate:  ha contribuito  anche a fare la storia dell’Italia) ha visto riconosciuto dal Ministero dei beni culturali il valore delle sue carte, dei suoi archivi e ha costituito, nella sede nazionale romana, l’Archivio Centrale. Possiamo dire l’UDI una associazione che  attraversa sessant’anni della storia di questo paese creando e ricreando condizioni di emancipazione e di libertà per le donne e per il bene di tutti e che, oggi, decide di prendere parola sui temi della rappresentanza e della partecipazione politica.
Con  l’XI Congresso nel 1982, viene sancito lo “scioglimento” di questa grande organizzazione di massa delle donne.  (E.B. lo decretò. S’interrompeva così una pratica politica a fianco di  un  partito che tanto contava sulla e nella nostra organizzazione. Ma lasciamo agli storici la volontà di andare a  rileggere quegli anni)
Le nostre azioni hanno avuto sin dall’inizio la capacità di modificare l’esterno.
Abbiamo prodotto profondi cambiamenti  nel sociale e, tra le donne la possibilità di aggregazione, la volontà di cambiare.
I fatti imponevano il cambiamento e noi,  con coraggio, decidemmo a maggioranza di sperimentare una nuova forma politica. Ci motivava una spinta ideale  dove ognuna di noi  poteva essere partecipe e protagonista della vita pubblica
senza delegare ad altre.
Ogni donna poteva  aderire  all’UDI sottoscrivendo la “Carta degli intenti”, con la quale l’UDI  realizzava la propria continuità istituendo l’Assemblea Nazionale Auto-convocata, l’auto-proposizione  per ricoprire il ruolo di “garante” per esempio o di responsabile di sede. Alcuni di questi istituti sono rimasti nel nuovo Statuto.
Noi, che venivamo dall’UDI, da una grande storia; avevamo incontrato il Femminismo e, raccogliendo la forza di quello che eravamo diventate,  pensammo che si potesse  partire da una nuova storia comune, da un luogo fisico già abitato  e riconosciuto,  (senza sciupare nulla di ciò che era stato, lo dico con molta delicatezza – non voglio aggiungere altro) potevamo agire in  un luogo aperto  al nuovo, aperto alle curiosità delle donne verso l’agire  politico, al desiderio di partecipare in forma collettiva e, a “partire da sé”, prendersi  la responsabilità di esserci,  prendersi anche la responsabilità  di voler  cambiare la vita comune insieme alle altre.
Per molte fu il movimento delle donne, la scelta.
Per altre una vita politica molto più dentro i partiti o nel sindacato: assorbite da tutele “regolari” niente stravaganze femministe .
A Torino, già  prima del 1982, erano  avvenuti  dei cambiamenti. (lo strappo dal PCI non più gerarchie ma un collettivo di giovani donne. Quelle donne eravamo noi!)
Nel 1975 l’U.D.I. aveva  lasciato la sua sede storica.
Ed è del  proprio del ‘75  l’ultima  registrazione di deposito cartaceo presso la fondazione  piemontese A.Gramsci, firmata da Mariangela Rosolen. E, io penso, anche coordinato da lei, essendo, in quel momento, dirigente nazionale dell’UDI. ( Nelle elezioni  politiche del 1976 M. R. fu poi  eletta alla Camera dei Deputati con 8 mila voti di preferenza: fu una grande conquista del voto delle donne. E possiamo ricordarlo come ultimo gesto politico di massa verso una candidatura proposta dalle  donne).
Da questa data in poi la raccolta di documenti non è più stata sistematica.
Nei vari traslochi che si sono succeduti…. ricordo che mai c’era il tempo di sistemare le “carte”  di fare memoria ordinata delle cose di tutte per garantirne la conservazione e ora  mi domando: perché?
Forse perché non c’era più la funzionaria addetta?
Forse perché nessuna ci ha pensato e a nessuna è stato assegnato il compito della “memoria” ?
Forse perché le ragazze dell’U.D.I. lavoravano tutte (dato molto spesso dimenticato) e nessuna si sentiva di prendersi di sua volontà questa eredità?
Forse perché ordinare ed accatastare carte era  come  una fuga dall’azione (chi l’ha sperimentato sa cosa voglio dire) e in quegli anni la storia era anche impastata di fatica,   prese come eravamo  dalla necessità di costruire momento per momento qualsiasi evento che  manifestava e dava visibilità al nostro “agire politico”?
Oltre alle conquiste, alle riforme concrete per cui si lottava in quegli anni c’era da “vivere” un  processo di democratizzazione del movimento e una trasformazione sociale che coinvolgeva tutte quante.
Abbiamo spostato, quindi, l’attenzione dalle carte alle persone e tutto ciò che abbiamo prodotto in quegli anni – anni in cui si sono   moltiplicate a dismisura le fonti dei documenti –  secondo me è stato custodito e protetto nelle nostre case e in un certo senso “disperso”.
Possiamo dire che in quegli anni è nata la nostra storia comune.
E che ognuna di noi, del suo collettivo, delle associazioni che man mano abbiamo fondato, ognuna di noi ha conservato per sé copia del documento,  del volantino,  verbali e appunti ordinati degli incontri, copie ciclostilate e di  qualche gruppo addirittura le veline.
E’ quello che si trova anche nella sede dell’UDI. Nell’ultimo trasloco dal 3 al 6 di Via Vanchiglia, nella sede attuale dell’UDI è toccata a me  la responsabilità di decidere che farne delle “carte”: cosa  tenere, come ordinarle, come salvarle.
Voi sapete quanto possono prendere le carte. Immergersi in quelle carte è rivivere i diversi momenti della propria storia. Ho capito presto che, chi s’immerge nelle carte,  deve essere capace di interrogare i documenti per estrarne storie di vita individuali e collettive.………io non potevo fare un lavoro da esperta e ……le cartelle sistemate sul lungo tavolo occupavano sempre più spazio e sempre più il mio tempo di vita. Più passavano i  giorni, più  le carte mi “riempivano”. E questo lavoro mi isolava anche dalle altre che non manifestavano interesse per quegli scritti e  così, come ho chiuso con Pavese, ho chiuso con le carte dell’UDI.
Ancora una volta le urgenze erano altre: accogliere le ultime arrivate e,  partecipare alla preparazione del  XIV Congresso ( 2002-2004) in cui l’UDI  ha voluto rileggere il suo acronimo in Unione Donne in Italia.
In altre sedi  UDI, in altre città, grazie alle donne che hanno  lavorato (20 anni  di lavoro dei gruppi che sono nati attorno agli archivi) e  combattuto ( il riconoscimento istituzionale non è stato facile) e che  soprattutto hanno creduto alla possibilità di  salvare attraverso le “carte” la conoscenza della storia delle donne e, attraverso la loro storia, la storia dell’Italia dalla resistenza fino agli anni ottanta  oggi abbiamo un patrimonio archivistico storico con un addensamento significativo nella sede centrale dell’UDI, a Roma. Archivio che è stato  riconosciuto di “notevole interesse storico” dalla Soprintendenza archivistica del Lazio, e ricade quindi  sotto la tutela dello Stato.
Questo vuol dire che” l’U.D.I. predispone  gli strumenti atti alla promozione, conservazione e fruizione del bene. L’archivio centrale si coordina con gli altri archivi dell’UDI attraverso l’Associazione  Nazionale degli  Archivi, nel rispetto dello statuto della suddetta associazione” di cui io sono anche socia fondatrice.
MA – Mettiamo che l’UDI, un giorno, non sia più in grado di gestire l’Archivio: automaticamente lo Stato lo farà suo.
A Torino, di quegli anni 1975-1982 abbiamo raccolto una limitata quantità di documentazione;  sempre pensando alla mia esperienza e alla mia posizione di responsabile dell’UDI di Torino in questo momento, dopo il mio incontro con Renata che ha curato in tutti questi anni l’archivio  UDI –  dell’Istituto Gramsci ho ritenuto sia giusto  depositare quei materiali cartacei nel Fondo già esistente e chiudere così la storia dell’UDI – Unione Donne Italiane.
Rispetto agli anni 1982-2002  c’è l’impegno da parte di chi l’ha vissuto di scriverne.
Noi qui abbiamo gran parte dei documenti di quegli anni e se supportiamo in modo intelligente la nostra lungimiranza, possiamo sperare che in futuro avranno  un posto in una sede regionale.
Riguardo all’oggi, ci lasciamo la libertà di scegliere, lasciamo a chi  c’è di pensare, di fare, di narrare, di scrivere la nostra  storia e  affinché non venga dispersa ma consegnata alla lettura di  quelle/i che verranno domani.
Oggi noi tutte abbiamo il bisogno di rintracciare i documenti dispersi. Ciò che è stato ed ha avuto un senso per tante persone non può andare perduto.
E perché non vada perduto necessita di un luogo fisico dove lo si possa trovare, incontrare, lasciare che parli a tante altre donne.

Abstract:
Sull’onda della storia la memoria ha bisogno di date e fatti.
Oggi noi tutte abbiamo bisogno di rintracciare documenti dispersi.
Pensiamo che ciò che ha avuto senso per tante persone non può andare perduto e perché non vada perduto ha bisogno di un luogo fisico dove lo si possa trovare, incontrare, lasciare che parli a tante altre donne.

Marilla Bacassino: una mediterranea a Torino. Ha conosciuto la  città diffondendo l’UNITA’ casa per casa e in questo modo è diventata anche sua. Sin dai primi anni sessanta militante del movimento delle donne.
Oggi continua a dedicarvi il suo tempo, la sua autonomia e la sua libertà.